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Tucci, Giuseppe (ed.), Il libro tibetano dei morti, Milà, SE (conoscenza religiosa, 9), 1998, 205 pp.
- Resum
- Il libro tibetano dei morti, così come si conosce nel presente, proviene dalla tradizione attribuita a Padma Sambhava nel secolo VIII, tra i tibetani noto come secondo Buddha. Esso contribuí essenzialmente a ristabilire il Dharma nel Tibet, che si era degenerato a causa delle tradizioni animiste e della magia nera. Per i tibetani la morte è o l'inizio di una nuova vita (saṃsāra) o il definitivo disparire della personalità "effimera e vana come il riflesso della luna sull'acqua" nella luce della coscienza cosmica (nirvana). Il momento di passaggio viene definito BARDO. Per i Tibetani l'anima non esiste, esiste la coscienza o pensiero, o meglio la sintesi del nostro essere psico-fisico e il mandala non è che il modello simbolico del manifestarsi di tale coscienza. Esistere vuol dire divenire, e il divenire è solo l'ombra dell'essere, soggetta a un sempre rinnovato corrompimento e a un non mai soddisfatto desiderio. La pace è nel dissolversi in quella luce incolore da cui tutte le cose traggono origine e che brilla anche in noi stessi.
- Matèries
- Religió - Espiritualitat
Religió - Budisme (Tibet) Simbologia Alquímia
- Notes
- Grazie alla lettura del libro tibetano dei morti ho riflettuto sull'insegnamento, che sembra essere lo stesso in cui credevano gli antichi alchimisti, che niente finisce con la morte perché l'energia di cui siamo costituiti ha le caratteristiche dell'eternità; perciò morire è solo trasformarsi, in un passaggio da una dimensione a un'altra. Siamo infiniti ed eterni quanto il cosmo, ma siamo prigionieri delle nostre abitudini, paure e potenti illusioni, per questo spesso non riusciamo a considerare consapevolmente di essere parte del tutto universale.
N.b.: l'edició segueix punctualment el text "Il libro tibetano dei morti (Bard Tödöl)", publicat en 1972 presso la U.T.E.T. de Torí (Tucci, Giuseppe ed.)
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